G8 - GENOVA 2001

Carmen I.L.Garcìa 18.06.2007 13:15
Al G8 a Genova 2001
DELLA PICCOLA STORIA
-posted-19.07.06-

In questo caldo 19 luglio mi viene in mente un altro 19 luglio, giovedì -caldo anch’esso- di cinque anni fa.
Da giorni e giorni correvano foschi pronostici per quel fine settimana che s’avvicinava. .
Molte persone, soprattutto giovani ma non solo, arrivavano da ogni dove, -dall’Italia e dall’estero- per partecipare al Social Forum, e manifestare contro gli otto grandi del mondo e la politica di globalizzazione che stava (e sta) seminando la fame, la guerra, la desolazione e la morte tra i diseredati dell’intero pianeta.
Si diceva che ci sarebbero stati disordini e dura repressione; si parlava di interi reparti degli ospedali precettati e perfino si senti parlare dell’ordinazione di centinaia di casse da morto…
Il panorama era inquietante. Per di più, all’inizio di quella settimana, incominciarono a sorgere le tristi grate metalliche rosse a cerchiare la zona invalicabile della città.

Dal balcone ho visto arrivare due navi -quelle che avrebbero ospitati alcuni dei “grandi” partecipanti al summit- che affiancarono la Stazione Marittima mentre nella banchina del Magazzino del Cottone sorgevano le tende dei giornalisti. Quest’ultimi poi s’assiepavano nei piccoli balconcini del medesimo Magazzino protesi a sbirciare dentro le navi ogni minimo movimento.
Una città in stato d’assedio. Molti genovesi spaventatissimi lasciavano la città.
Pensai con arroganza che non era nato l’uomo che mi costringesse a lasciare la città e la casa dove abitavo… mah.

Raggiunsi il piccolo gruppo della nostra chiesa di Sampierdarena, per manifestare nel corteo dei “migranti” cercando di dare voce a coloro che (privi di permessi si soggiorno) non potevano essere presenti. Con noi, arrivati da fuori città ricordo Franco Giampiccoli e Renato Maiocchi.
Coloratissimo e festoso corteo, che non lasciava presagire ciò che sarebbe successo il giorno seguente. Quel giorno eravamo “tutti migranti” eravamo “tutti clandestini”.


... DELLA PICCOLA STORIA…martedì 17 luglio 2001
-posted – 20 luglio 2006

Fino al Terminal Traghetti arrivano le orribili grate, e dei gendarmi controllano all’ingresso della passerella i passeggeri che s’avviano al imbarco. Mi sono avvicinata e si sono subito messi in guardia, -Dove va signora, non si può passare !- Mi ritiro in buon ordine.

L’Europeanvision ancorata alla Stazione Marittima è lì per ricordarci che non è un fine settimana come un altro.
Al supermercato regna uno strano silenzio e serpeggia un sottile nervosismo. Si vedono i carrelli strapieni come di coloro che dovranno subire un lungo assedio… gli scaffali sono semi vuoti, certuni addirittura svuotati per completo. Di alcuni generi alimentari non c’è traccia…
Capisco, oppure non capisco: nel fondo, io non ho vissuto la guerra, non ho dovuto comprar la farina per far il pane per la famiglia… ma, non staranno esagerando, mi chiedo? Non mi lascio impressionare, faccio le mie solite spesucce e torno a casa.

Guardando via Venti da corso Brigata Liguria, con in fondo il Palazzo Ducale e la fontana zampillante me se strense o chêu, come dice la canzone: sulla strada un carro armato. Soltanto. Non un cenno di vita. Via Venti, curiosamente deserta, bellissima e spettrale da far paura.
Dove non bastano le grate arrivano i containers, ma almeno questi non m’inquietano e invece danno una nota di colore… penso rassegnata.
La sede del Macdonald sul corso Brigata Liguria è tappata: persino l’insegna è stata accuratamente mimetizzata ! Ebbene, mi dico, almeno per questo fine settimana i nostri ragazzini viziati e grassocci mangeranno sicuramente più sano…

Avrete visto anche voi questi ragazzini, vero? Mi riferisco a quelli che negli ipermercati spingono a fatica un ipercarrello pieno di ogni bendidio dietro a una Mamma un po’ sovrappeso…con il volto di chi è preoccupata di non dimenticare nulla che possa servire alla famiglia, facendo incetta degli sconti, “3x2.” e altri.
Sono ovviamente gli stessi che quando arrivano a casa si parcheggiano davanti alla tv con una biella di patatine sulle ginocchia e magari incappando in un documentario sul terzo mondo… - Mamma ! vieni a vedere ! ci sono dei bambini che sembrano scheletri dalla fame!
- Cambia canale gioia di mamma, che c’è uno con disegni animati… -
- Ma mamma, non possiamo mandargli qualche spicciolo?
- Cambia canale stellina, mangia e lascia lavorare mamma, che sta preparando un pranzetto coi fiocchi … (ma perché qualcuno s’intestardisce a passare questi filmati che turbano le anime candide?)

Venerdì 20 verso mezzogiorno incominciano i disordini.
Noi, noi evangelici, non vogliamo mancare da questo evento e quindi si era organizzata una piccolissima manifestazione regolarmente autorizzata. Nella sede della Chiesa della Riconciliazione in via Digione ci troviamo una manciata di evangelici a parlare e pregare. Da lì a una piazzetta nei giardini pubblici, dove fa il suo intervento Antonella Visintin, e parla anche qualcun altro venuti apposta da fuori Genova. Alcuni vicini s’affacciano curiosi.

(Per quanto riguarda questa “partecipazione” della nostra chiesa ci sarebbe molto da riflettere, per esempio: non avevamo noi nella nostra comunità persone qualificate, anzi qualificatissime per avviare una riflessione? Gli ospiti, per quanto graditissimi, non era meglio che ascoltassero “loro” cosa “noi” avevamo da dire?).

Avevamo quasi finito, quando all’improvviso irrompe un ragazzo concitato : -Voi qua a parlare del più e del meno quando in città hanno ammazzato un ragazzo! (touche’!) Io stento a crederci. Restiamo silenziosi e increduli.
Al momento mi sono infastidita dell’interruzione ma ora, mi dico, ce ne fossero di “voci della verità” a scuoterci nel nostro perbenismo protestante!

La TV parla di un drogato ma Indymedia, già quella sera, ha le idee più chiare, anzi, chiarissime che nei giorni appresso si confermano e che sono quelle che poi saranno di dominio pubblico.

Nel nostro piccolo, pure noi avevamo le nostre pene: la nostra cara sorella Stefania Conte era all’ospedale gravemente malata.
Giorni addietro avevo chiesto notizie a Giovanni, e domandato anche se avrebbero avuto problemi per visitarla -nessun problema- mi dice -abbiamo un lasciapassare. Da lì a poco avremo saputo quanto era effimera questa certezza.


LA FORZA DELLA MEMORIA
-posted – 21 luglio 2006

Ieri sera, 20 luglio ’06, e fino a tarda notte i ragazzi di Terra di Nessuno suonavano. Una voce amplificata cantava con rabbia malcelata e determinazione:

- Ma chi è quel ragazzo ammazzato ? ma chi è?, ma chi è ?-

Siete mai stati al Centro Sociale Terra de Nessuno? Si trova in fondo alla vallata del Lagaccio, in una casa vecchia, fatiscente e semi-diroccata, in mezzo alle frasche. Lì dei giovani fanno delle attività molto interessanti. Cultura di avanguardia. Andate a trovarli se vi capita.

La voce, martellante, ripete,
-ma chi è quel ragazzo ammazzato !!!!!!!!. ma chi è? ma chi è ?-

Già. C’era un ragazzo morto ammazzato ma, per uno o due giorni non si sapeva chi fosse. Un pregiudicato, un etarra, un mendicante, un punkabbestia, uno sbandato… queste le notizie che ci danno di volta in volta i notiziari. Invece…No, NO!!! Eppoi, no.

Dal fondo della valle la casa tenebrosa ha due occhi spalancati e illuminati che guardano verso il mio terrazzo e la voce martellante prosegue arrabbiata,

- Il ragazzo morto ammazzato è…. Carlo Giuliani !!!!!!!!

- Ma chi è Carlo Giuliani, ma chi è?, ma chi è?-

- Carlo Giuliani è uno di noi, è uno di noi !

Ecco. Uno di noi. Non era un santo, come neppure noi.
Era solo un ragazzo… che come noi, credeva, a modo suo, che “un mondo diverso è possibile”.
Ora non c’è più, e in questo mondo impoverito, siamo tutti un po’ più poveri.
Con un figlio in meno, anche Genova, è un po’ più povera.


NON SIAMO IN CILE, NON SIAMO IN ARGENTINA!!!... (sabato 21 luglio 2001)
-posted – 23 luglio 2006

No?
Il ronzio degli elicotteri è sempre su di noi. Sempre. Da una settimana !
Ma se prima mi sembravano rassicuranti ora mi suonano come uccelli di malaugurio.

Cerco di ragionare coi dati a mia disposizione. Ma la polizia, i gendarmi, i carabinieri, non sono i custodi dell’ordine ? Certo, mi dice il mio cervello obnubilato. E allora perchè hanno caricato su ragazzi disarmati? Colpa dei Black Block. Ah beh… E chi sarebbero costoro ?

Non si possono capire tutte le cose. In ogni caso, oggi c’è l’ultima manifestazione contro il G8 e io vorrei partecipare.
Siamo pacifici e disarmati, perché aver paura ? questo mi dico e mi ripeto. Ma soprattutto, siamo nella civilissima Italia della civilissima Europa! Il Cile di Pinochet e la Argentina delle Giunte militari sono così lontani!. Ieri c’è stato una assurda insopportabile disgrazia. Ecco.

In via Napoli salgono sul bus alcuni ragazzi stranieri, ospiti dell’Ostello della Gioventù; alcuni punkabbestia, alcuni meno punk e altri meno bestia…

Hanno detto che il trasporto pubblico era garantito, hanno detto…
L’autobus scarica Stefano e me in Piazza della Vittoria, a centinaia di metri di Piazzale Kennedy luogo del raduno.

Strada facendo vediamo gli scempi del giorno prima, cassonetti divelti, pompe di benzina a pezzi, vetrine rotte. Mi fermo davanti a un negozio. Ha il grossissimo vetro della vetrina infranto e dentro un computer come presso a martellate. Un ragazzo d’aspetto modesto s’avvicina, osserva tutto con aria triste e commenta, come per se stesso “
- e pensare che noi ne abbiamo tanto bisogno!”.
- di cosa, domando.
- dei computer!.
- ah capisco.

In realtà sto cercando di capire…
Giovedì c’e stata una manifestazione, pacifica e ordinata come mai vista in vita mia. Cosa è cambiato? I black block, tutta colpa loro i vandalismi. Sì, sì ma però…

La testa del corteo è già partita, e noi ci avviamo a raggiungerlo.

Ad un certo punto siamo tanti, tantissimi. Corso Torino e avanti. Giovani e meno giovani. Stranieri e italiani. Bianchi neri e colorati. Bambini donne e gente matura.

Tante persiane sono chiuse, ma tanti genovesi s’affacciano ai balconi di antichi palazzi e salutano con la mano e tanti sorrisi, applaudono anche.
Un signore piuttosto anziano con un enorme sorriso tira fuori dal balcone di un terzo piano una enorme fotografia del Che Guevara. Partono gridi e applausi dal corteo.
Il corteo ora si ferma ora parte, ma non capiamo il perché.

Arrivati in Corso Sardegna, qualcuno ci avvisa che il raduno finale si terrà in Piazza G. Ferraris. Lì parlerà Agnoletto.

Stefano osserva che sarà impossibile che la piazza possa contenere questa enorme fiumana. Mancano 500 metri suppergiù, ma la strada è strapiena.
- Non ci potremo mai avvicinare, dice. - Meglio tornare a casa e vedere la fine alla tv. Dopo tutto il nostro dovere lo abbiamo fatto.
- D’accordo, i miei piedi già da un po’chiedono una tregua.

Torniamo appena indietro e attraversiamo il Bisagno dal Ponte Castelfidardo. Andiamo alla fermata di via Canevari, ma di autobus, neanche l’ombra. Ma, il trasporto pubblico, non era assicurato?

Un venticello diffonde uno strano odore nell’aria, come di medicine o disinfettante.
Attraverso la strada e mi siedo nei gradini di una casa. Vicino a me c’è un signore. Ha un cellulare in mano e ci parla spesso. Mi faccio coraggio e chiedo:
- Notizie?
- Si, stanno massacrando i ragazzi. Le forze del ordine.
E prosegue,
- Hanno spezzato il corteo in due e stanno massacrando i ragazzi.
Lo guardo con sgomento.
Ora da Corso Sardegna arrivano rumori sordi e gridi concitati.
Della gente arriva di corsa e attraversa il ponte a gambe levate.
Gli elicotteri, che fino a quel momento continuavano a sorvolare a bassa quota, aprono le portiere. Cadono oggetti che al toccar terra esplodono fumanti.
Un elicottero con scritto “Carabinieri” s’accanisce sul ponte. Cadono parecchie bombe, alcune davanti a una ragazza e a una donna in fuga con un fazzoletto davanti al naso.
Non ho parole.
Incomincio ad inquietarmi. Penso a me e alla mia asma, e prego che la smettano.


UNA GIORNATA INFINITA... (sabato 21 luglio 2001)
-posted 25.07.06

Da via Canevari ci spostiamo con passo stanco verso la Stazione Brignole, sperando che passi qualche mezzo. Vane speranze.
Ci sediamo nella gradinata della stazione; mi auguro che almeno il sole cocente abbia un po’ di pietà.
La stazione, solitamente brulicante, con gli altoparlanti che trasmettono informazioni in continuazione, è stranamente silenziosa.

Già, da qualche giorno da Genova non si esce e non si entra: una città “blindata”. Niente aerei, niente navi, pochi treni speciali di cui alcuni dirottati su anormali percorsi. Niente arrivi nè partenze per via autostradale: i caselli sono sbarrati. Hanno cercato di evitare che i disturbatori, i black block entrino nella città. Mi vien persino da ridere, erano qua già da un pezzo, come la CIA. del resto…e tutti lo sapevamo. E mi dico che se io nella mia cronica distrattezza sapevo questo, loro che ovviamente erano di gran lunga più informati di me (e abbondantemente attrezzati), cosa hanno fatto per evitare i disordini?

La gradinata è quasi tutta occupata da altri, che, come noi, sperano arrivare a casa. Prima o poi…
Sul piazzale continua ad arrivare gente, sola o in gruppetti. Sono coloro che hanno partecipato al corteo. Gli guardo, stanno tutti lì buoni buoni, non sembrano Disubbidienti, tanto meno Black Block, anzi dalle loro conversazioni sembra tutta gente per bene, studenti e lavoratori.

Si fanno le 7, le 8, le 9 di sera. Calano le ombre, e questa giornata fa fatica a finire.
Arriva un treno e buona parte di loro partono.
Troviamo rifugio nella pizzeria all’angolo, finché, (faticosamente), intorno alla mezzanotte facciamo ritorno a casa. Per noi la giornata è finita. Per noi…

LA NOTTATA INFINITA…

L’indomani mattina attraverso una telefonata arrabbiata, veniamo a sapere dell’irruzione nella Scuola Diaz. Le forze dell’ “ordine” sono entrate e hanno pestato le persone lì alloggiate. Black Block ? noooooo , i Disubbidienti allora? macchè, è la staff del Genoa Social Forum nel suo centro operativo concesso gentilmente in uso dal Comune di Genova! Giovani che dormono dopo una giornata campale, pestati bestialmente a sangue per più di due ore e portati, chi all’ Ospedale Galliera, chi alla Caserma di Bolzaneto.
Nella Scuola Diaz si trova sangue persino sui muri!

Caramba, mi dico (sapete, quando parlo con me lo faccio nella la mia lingua madre, e dico cosi: caramba !), le nostre “forze del ordine” sono di una sagacia e di un coraggio notevole!,… la staff del G.S.F. era lì da una settimana, e quella sera stavano riposando!
L’Ospedale Galliera diventa inavvicinabile. Rientra anche lui nella zona rossa

Il mio pensiero vola verso una persona, una persona ignara di tutto quanto bolle in città, una persona in fin di vita e i suoi cari: la nostra sorella Stefania. Niente da fare, non si passa.
Ê così la nostra cara sorella muore sola, senza il conforto della vicinanza né di suo marito Giovanni né di suo figlio Marco. E pure loro sono lì fuori, soli.
Piccole tragedie private che non fanno storia e passeranno all’oblio… per ragion di stato. Spetta a noi far si dar loro un posto nella nostra memoria.


LA FESTA È FINITA… domenica 22 luglio 2001
-posted 02.08.06

Guardo dal balcone le navi che si staccano lentamente dagli ormeggi e s’avviano verso l’uscita del porto. La festa è finita.
Si ma… per i giovani in ospedale, no. Neppure per gli arrestati a Bolzaneto !

Sit-in. Questa sera Piazza De Ferrari è piena come un uovo. Mezza città, o giù di lì, si prepara a contestare. E di cose per cui farlo ce ne sono a iosa.

Sulle scale di accesso al Ducale ci sono dei ragazzi con uno striscione bianco lunghissimo: Carlo Giuliani vive!

Ci sediamo per terra ad ascoltare gli organizzatori che da un furgoncino nella piazzetta davanti alla facciata del Teatro cercano di rivolgerci la parola.
Che strano, penso, è trascorso appena una settimana che noi eravamo qua, noi stessi, pressappoco nello stesso luogo a sentire un concerto: l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice interpretavano La Nona Sinfonia di Beethoven offerto dal Comune della città. Embèh, mi dicevo, dopo sei mesi di tortura in questa città divenuta un cantiere, era quasi dovuto.

Divenuta un cantiere… disagi infiniti, per rendere “linda” la città . Scusate, ma non lo era già prima ? Ma poi, gh’era besoegno?: erano passati appena 9 anni da quando nel ’92 si erano fatti i lavori per le Colombiane. Qualche conto non mi torna…
Bella la Nona. L’Inno alla Gioia, scelto nel 1985 come inno dell’Unione Europea “per esprimere gli ideali di libertà, pace e solidarietà perseguiti dall’Europa”…
L’audio non funziona, e si sente male, e a sprazzi, ciò che gli organizzatori vorrebbero dire. Peccato. Ma fa niente, ciò che non si sente si sa. E noi restiamo lì comunque, lì inchiodati al selciato.

Quella sera ritirano velocemente le odiose grate. Faccio appena in tempo a fotografarle.
Da Bolzaneto arrivano notizie spezzate, pestaggi e torture agli arrestati.
Ma noi, siamo in Italia, vero? Non in Argentina. Siamo in una democrazia, vero? Uno stato di diritto non è una dittatura, vero? O mi sbaglio?

Il sabato seguente siamo a un matrimonio a Rapallo. A nostro tavolo ci sono le cugine. Nonostante il clima festoso le cugine non si danno pace. E dimostrano un grande disappunto (uso una parola chic perchè la festa era chic, altrimenti dovrei dire che erano incaz.ssime nere) Com’era potuto accadere, e sta accadendo tuttora, una cosa simile nella “loro” città?

Di ritorno a casa dico a Stefano, -vorrei passare per Piazza Alimonda.
Il selciato davanti alla chiesa è stato pulito accuratamente, anzi, mi sembra persino che abbiano cambiato i cubi di porfido. Che sollecita premura, mi dico.
Il cartello “Piazza Alimonda” è stato modificato a pennarello. Ora si legge: Piazza Carlo Giuliani ragazzo.
Appesa alla inferriata della chiesa c’è una miriade di cose delle più insolite: fiori, lettere, poesie, anche in altre lingue, fotografie, pelouches, manifesti e quant’altro.
Da buona protestante non gradisco gli “altarini”, eppure li guardo assieme a Stefano con emozione: sono i ricordi di tanti giovani e non, che in alcun modo vogliono esprimere il cordoglio per la morte di un loro coetaneo, amico, compagno. Una morte assurda.
Mi allontano un po’ per fotografare, e allora lo vedo. Un signore dai capelli rossicci scarsi e la barba di qualche giorno è lì irto in piede e guarda, assorto nei suoi pensieri.
Non son sicura, è in controluce. Ma sì è lui, Giuliano Giuliani, dico a Stefano, e aggiungo, vado a salutarlo.

Poche settimane fa, fine maggio,ci ritroviamo, ancora a un matrimonio, con una delle cugine. Che ci fa, - non avete notato in questi anni come la stampa tacce su i fatti di Genova?- -Sì, lo avevo notato, ma credevo ingenuamente che ormai a nessuno importassi più di tanto-. Invece no. I genovesi non dimenticano affatto !
E noi ?


CHI PAGA?
-posted 02.08.06

Chi paga. Non dico i vandalismi, sicuramente preventivati, che sono presto risolti. No.
Io parlo d’altro. Parlo dei danni morali: i danni fatti, in primis, alla democrazia calpestata nei pestaggi ai manifestanti, nelle gravissime offese alle persone dei arrestati, e ai forestieri e non, che hanno creduto, come noi del resto, che eravamo in una società civile.
Chi paga. Le offese fatte a una città -Genova- e ai suoi abitanti, un po’ rassegnati alle scelte fatte da un certo governo a ospitare un summit di quel livello in questa città molto particolare, e inadeguata, ma che ciò nonostante si era mobilitata per offrire il meglio di sé?

Sono passati cinque anni. Il tempo passa velocemente. I processi sono ancora in corso. I fatti si svolsero in poco più di due giorni ma a distanza di cinque anni la giustizia si trova ancora a risolvere il caso. Ma se “la giustizia non è tempestiva non è giustizia”; molti dei giovani torturati bestialmente portano su di sé le ferite e i traumi e alcuni sono ancora in cura psichiatrica.

Fra cinque anni, chissà se qualcuno ricorderà ancora. Chissà se qualcuno ricorderà ancora quel breve lasso di tempo in cui un giovane perse la vita.
Chissà se nella nostra comunità qualcuno ricorderà quei giorni in cui è venuta a mancare la nostra sorella Stefania, sola in un ospedale perchè i suoi cari sono stati impediti di avvicinarla.
Se noi non ricordiamo, chi lo farà?
Se noi non vegliamo sulla verità e la giustizia, se non vegliamo sulla democrazia e la libertà, chi lo farà?

Forse il caso non è proprio uguale, ma mi viene in mente uno scritto del pastore Martin Niemüller.

Prima vennero per i comunisti
e io non dissi nulla
perché non ero comunista.
Poi vennero per i socialdemocratici
io non dissi nulla
perché non ero socialdemocratico
Poi vennero per i sindacalisti,
e io non dissi nulla
perché non ero sindacalista.
Poi vennero per gli ebrei,
e io non dissi nulla
perché non ero ebreo.
Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.
Il G8 a Genova inaugurò un quinquennio di cui non si aveva memoria in Italia dalla fine del fascismo: illegalità, corruzione, spregio della legge e del diritto.
MA CHITELOHAFATTOFARE...
-posted 02.08.06

Vi è capitato mai di trovarvi in attesa dal medico o dal parrucchiere con delle persone che vorrebbero parlare, e/o esternare qualsiasi cosa abbiano in testa? Spesso si tirano fuori dei luoghi comuni, che più comuni non si può. Anche perché, in maggioranza donne, pensano bene a cogliere l’occasione per farsi la “terapia di gruppo”.
-
- Ha visto signora come hanno distrutto la città?
- Distrutta non è la parola, ci vuole ben altro per distruggere Genova. Si tratta di danni onerosi, questo si.
- Tutta colpa dei non-global !

La osservo. Ê tutta abbronzata come di chi è appena tornata dalle ferie…

- No guardi che non è proprio così…
- Si, si, lo ha detto la TV.
- Ah la TV…
- Ma come, lei non ha guardato i notiziari?
- Si, qualcosa ho visto, poco, a tarda sera. Vede, io la TV la ho spento da quel dì, e poi avevo altro da fare.
- Capisco, anche lei si ha presso le ferie.
- No guardi, veramente io ero ai cortei.

Allora sento trenta occhi sbalorditi e benpensanti girati su di me che m’inchiodano e che sembrano dire: “eppure sembra una signora per bene…”

Proprio vero, chi me lo ha fatto fare di andare alle manifestazioni del Genoa Social Forum?
A me, con i miei problemi ai piedi, a me con i miei problemi di asma?
Noi, che non avevamo preso in considerazione neppure alcune delle semplici ragionevoli raccomandazioni del G.S.F. A viso scoperto e a mani nude.

“Dovevo” farlo. Avevo un arretrato, ecco, di tutte le manifestazioni a cui non avevo potuto o voluto assistere. Per la memoria di tutti i trentamila giovani scomparsi in Argentina al tempo della dittatura che avevano creduto, già allora, “che un mondo diverso è possibile”.

Vi invito a andare a visitare il “Muro de la Memoria”. E un muro virtuale su internet in cui ci sono tutti loro. Giovani, belli, con gli occhi che sprizzano speranza. “Sovversivi” li chiamava il regime. Non erano sovversivi, ma una colpa avevano, sì: pensavano, oltre a studiare e lavorare. Sono gli scomparsi, desaparecidos.
Ecco cosa succede in un regime dove pensare, e pensare di cambiare in bene una società, è pericoloso, spesso letale.

Col senno di poi, so di aver rischiato. Ma c’era qualcosa che mi spingeva a farlo: avevo la fede di star facendo la cosa giusta, e la fiducia che non mi sarebbe successo nulla.

E con questa poesia mi congedo. Con la speranza di aver dato un contributo a risvegliare un ricordo e con un grazie a chi ha avuto la pazienza di seguirmi fin qui.
…………………Carmen


Nessun uomo è un'isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
suona per te. - (J.Donne)
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Ergänzungen